Impianti spegnimento antincendio

Gli impianti di spegnimento antincendio, che siano essi automatici o manuali, sono dei sistemi che offrono una gestione del principio d’incendio precisa, sicura ed anticipata rispetto al propagarsi dello stesso.

Gli impianti di spegnimento antincendio ricomprendono una vasta gamma di tipologie, il punto di partenza per tutti è però la loro corretta e puntuale progettazione. Questa deve tenere in considerazione la tipologia di estinguente, il suo quantitativo, le specifiche ed eventuali peculiarità dei locali in cui andranno installati, tutto ciò nell’ottica di massimizzarne l’efficacia ma al contempo salvaguardare il personale potenzialmente presente.

Tipologi di impianti piu diffuse

NB: Come per tutti gli impianti, è fondamentale garantire una corretta e regolare manutenzione, eseguita da personale specializzato ed abilitato, secondo le scadenze e con le procedure previste dalle norme di riferimento.

I sistemi di spegnimento a CO2, o Biossido di Carbonio, fanno parte dei sistemi a Clean Agent, essendo il biossido di carbonio un gas che viene stoccato nelle bombole o nei serbatoi sotto forma liquida e che viene erogato in ambienti tramite appositi ugelli che ne causano la vaporizzazione.

Tradizionalmente i sistemi di spegnimento a Biossido di Carbonio sono trattati in maniera distinta dagli altri sistemi, probabilmente a causa del particolare comportamento chimico – fisico della CO2, data la possibilitá di gasificazione e solidificazione diretta (sublimazione) senza passare per lo stato liquido.

Essendo il biossido di carbonio una sostanza completamente ossidata, non partecipa alla combustione, bensí riduce il contenuto di ossigeno nell’aria e soffoca l’incendio. Inoltre, non essendo conduttrice dell’elettricitá e non lasciando depositi, é un efficace mezzo estinguente per gli incendio di apparecchiature elettriche ed elettroniche sotto tensione. Quando viene erogata direttamente su una superficie che brucia, esercita anche un’azione raffreddante in aggiunta a quella di soffocamento, l’uso infatti é sconsigliato su apparecchiature e materiali sensibili alle brusche variazioni di temperatura. Essendo volatile, impiegato all’aperto é efficace solo per piccoli incendi.

In sintesi l’impianto di estinzione a biossido di carbonio é costituito da uno stoccaggio (serbatoi) di CO2 sotto pressione collegato tramite valvole ad un sistema di tubazioni che la portano a destinazione (collettore e tubazioni di distribuzione). All’estremitá delle tubazioni vi sono degli ugelli attraverso i quali il CO2 si scarica sul vano o oggetto da proteggere. Il CO2 scaricato espandendosi si trasforma in neve carbonica.
All’interno delle tubazioni di convogliamento (collettore) e di distribuzione si vengono invece a formare condizioni di temperatura e di pressione per cui si trova in presenza sia di liquido che di vapore, questo fatto rende complesso il calcolo delle perdite di carico nelle tubazioni e spiega le difficoltá di progettazione.

Le bombole vengono caricate solo parzialmente di liquido, per consentire la dilatazione dovuta alla variazione di temperatura. Per sicurezza sulla valvola della bombola a monte del dispositivo di intercettazione, vi deve essere un disco di rottura che si rompe e scarica la bombola se la pressione al suo interno supera il valore di bollo.

Piú freddo é il CO2 nelle bombole piú tempo é necessario per la sua evaporazione, secondo lo standard NFPA 12 le temperature dei gruppi di bombole devono essere mantenute tra 0 e 50 C° in modo da mantenerle alla normale pressione variabile tra i 55 e i 60 bar.

Gli impianti di spegnimento a CO2 esistono sia nella versione ad alta pressione, con l’agente estinguente stoccato in bombole a pressione fino a 70 Bar, sia nella versione a bassa pressione, con l’estinguente stoccato in appositi serbatoi refrigerati, a 18 bar, che sono destinati ad alimentare gl’impianti.

Gli impianti a bassa pressione vengono utilizzati per sistemi di grande dimensione ricorrendo a serbatoi refrigerati; in questi recipienti il CO2 viene mantenuto, per mezzo di un sistema frigorifero, alla temperatura di – 18° C, cui corrisponde una pressione di 20 bar.

Le applicazioni dei sistemi a biossido di carbonio sono molteplici, con in piú le applicazioni localizzate sulle macchine con uso di infiammabili (rotative tipografiche per es.), per quali tali sistemi rimangono tuttora i piú utilizzati.
La limitazione principale per l’uso del sistema é dovuto alla pericolositá del CO2 che, alle concentrazioni di utilizzo, risulta pericolosa per gli occupanti in quanto rende l’aria irrespirabile per insufficiente concentrazione di ossigeno.

Gli impianti di spegnimento a biossido di carbonio possono essere del tipo:

  • A saturazione totale
  • Ad applicazione locale
  • Del tipo misto

Gli impianti di spegnimento a fluido chimico fk-5-1-12 (NOVEC 1230 ®) – Dodecafluoro 2 metilpentan-3-one sono da considerarsi dei sistemi a clean agent; la normativa che sovrintende all’impiego di questo estinguente é la NFPA 2001 – Edizione 2004, la ISO/DIS 14520-5 e la UNI EN 15004-2:2020.

I sistemi di spegnimenti incendi a gas chimici, nell’ultimo decennio, da quando si é proceduto alla graduale sostituzione dell’Halon 1301, hanno subito una grande evoluzione. Attualmente sono disponibili sul mercato due categorie di prodotti estinguenti da utilizzare sugli impianti e presentano entrambe caratteristiche peculiari:

– I gas chimici, sostanzialmente Idrofluorocarburi ed assimilati;

– I gas inerti, costituiti da Argon, Azoto, miscele degli stessi, anche addizionate con Biossido di Carbonio.

NOVEC Le due categorie presentano entrambe caratteristiche da valutare attentamente:

Tradizionalmente, i gas chimici hanno un tempo di spegnimento molto rapido, tipicamente 10 secondi, ma elevati impatti ambientali, oltre alle problematiche, per alcuni di essi, relative al loro tempo di permanenza in atmosfera, prima della loro decomposizione;
Impatti ambientali pressoché nulli, ma elevate pressioni di esercizio in gioco per i gas inerti, oltre al notevole spazio necessario per alloggiare le bombole di contenimento ed al tempo di scarica di 60 secondi, molto elevato in caso di richiesta di interventi di spegnimento rapido.

Inoltre, entrambe le due categorie di prodotti estinguenti,, ad eccezione del gas chimico HFC-23, che peraltro ha i piú alti valori negativi di effetto serra e di vita media nell’atmosfera, presentano dei margini di sicurezza molto limitati tra la concentrazione di spegnimento richiesta e la concentrazione alla quale non si riscontrano effetti avversi sulle persone; ció comporta che anche minime discrepanze difficilmente valutabili tra i dati di progetto e di ingegneria rispetto all’impianto installato potrebbero essere gravemente penalizzanti per la corretta realizzazione del sistema si spegnimento.

La Societá 3M, con il suo NOVEC 1230®, ha ideato un fluido capace di ovviare agli inconvenienti di cui sopra, tipici degli impianti di spegnimento con estinguente a gas chimico o inerte.
Le principali caratteristiche del NOVEC 1230® sono:

  • Indice di deterioramento ozono pari a zero;
  • Durata della vita in atmosfera (ALT) pari a 5 giorni, rispetto, ad esempio ai 29 anni dell’estinguente a gas chimico HFC 125;
  • Valore di potenziale effetto serra (GWP – IPCC) pari a uno, riferito ai 100 anni;
  • Pressione di pressurizzazione pari a 25 BAR, circa dieci volte inferiore a quella necessaria ai gas inerti;
  • Margine di sicurezza tra la concentrazione di spegnimento e quella alla quale si potrebbero riscontrare effetti avversi per le persone pari al 69%.
  • Quantitá di bombole necessarie a paritá di volume da proteggere inferiore di circa 6 volte a quella necessaria per i gas inerti;

Inoltre, altro elemento fondamentale e’ quello che, essendo il fluido NOVEC 1230 ® a temperatura ambiente in fase liquida, non necessita per il suo travaso in bombole di costose e complicate apparecchiature, sia per le attivitá di manutenzione che per quelle di ricarica. In effetti in caso di scarica dell’estinguente, sará sufficiente versare il fluido nella bombola e ripressurizzare la stessa con una piccola bombola di azoto, operazione che puó essere tranquillamente effettuata con una officina mobile.

Il principio di funzionamento del fluido estinguente NOVEC 1230 ® é quello della saturazione dell’ambiente (total flooding); questo sistema di funzionamento ha il grande vantaggio di non doversi preoccupare dell’ubicazione dei materiali a rischio, né della loro conformazione perché crea condizioni omogenee in tutto l’ambiente. Altro parametro essenziale é la valutazione del volume effettivo da proteggere, determinante per definire la quantitá di gas da impiegare.

Per quanto riguarda i limiti di concentrazione ed esposizione delle persone al gas estinguente NOVEC 1230 ® ci si riferisce a quanto previsto da NFPA 2001 e da ISO 14520.

Per una valutazione della compatibilitá del fluido estinguente NOVEC 1230 ® con l’ambiente bisogna considerare l’interazione che il gas determina al contatto con la fiamma ed i conseguenti prodotti della decomposizione chimica. Il fluido estinguente NOVEC 1230 ® infatti al contatto con la fiamma produce ed il calore produce acido fluoridrico (HF) in quantitá ridotte, comunque non dannose per gli esseri umani e per le apparecchiature, in linea con i valori espressi per gli altri agenti estinguenti chimici.

Gli impianti di spegnimento a gas chimico HFC-227ea (FM200 ®) – Eptafluoropropano (CF³CHFCF³) sono da considerarsi dei sistemi a clean agent. A differenza del l’Halon 1301 che interveniva sull’incendio per via chimica, l’estinguente HFC-227ea agisce soprattutto per raffreddamento fisico, rimuovendo il calore dalla fiamma.

Questo tipo di estinguente per la sua volatilitá e ridottissima tossicitá é molto diffuso negli ambienti a saturazione totale. In effetti come riportato nella Tabella A, estrapolando il dato di NOAEL al 9% in volume, l’HFC-227ea risulta essere il gas chimico in commercio meno dannoso per l’uomo e l’ambiente.

Il principio di funzionamento del gas HFC-227ea é quello della saturazione dell’ambiente (total flooding); questo sistema di funzionamento ha il grande vantaggio di non dover preoccuparsi dell’ubicazione dei materiali a rischio, né della loro conformazione, questo perché crea condizioni omogenee in tutto l’ambiente. Per effetto dei modi discendenti delle miscele di aria, è determinante indicare l’altezza massima alla quale si possono trovare i materiali combustibili oggetto della protezione. Altro parametro essenziale è la valutazione del volume effettivo da proteggere, determinante per definire la quantità di gas da impiegare. Le caratteristiche dell’ambiente da proteggere sono infatti fondamentali per una corretta progettazione dell’impianto, tanto che la normativa NFPA prevede espressamente il test di tenuta denominato Door Fan Integrity Test (collegamento click).

In particolari ambienti di dimensioni contenute dove sono presenti numerose aperture piú o meno sigillate, da dove puó uscire rapidamente il gas estinguente, è frequente l’utilizzo di sistemi a doppia scarica. Dopo la prima scarica, segue una scarica aggiuntiva di “mantenimento” che aggiunge il gas che viene perso attraverso le aperture in modo da mantenere la concentrazione sui parametri richiesti per lo spegnimento.

Per una valutazione della compatibilità del gas HFC-227ea con l’ambiente bisogna considerare l’interazione che il gas determina al contatto con la fiamma ed i conseguenti prodotti della decomposizione chimica. Il gas HFC-227ea, al contatto con la fiamma ed il calore, produce infatti acido fluoridrico (HF) anche se in quantità molto limitate. Viene per questa ragione consigliata l’adozione di autorespiratori per l’intervento in ambienti così protetti.

In sintesi l’impianto di estinzione a gas HFC-227 é costituito da uno stoccaggio (serbatoi) sotto pressione collegato tramite valvole ad un sistema di tubi che lo portano a destinazione (collettore e tubazioni di distribuzione). All’estremità di detti tubi vi sono degli ugelli attraverso i quali il gas si scarica sul vano o oggetto da proteggere.

Gli impianti di spegnimento a gas chimico HFC-23 (FE 13 ®) – Trifluorometano (CHF³) sono da considerarsi dei sistemi a clean agent; la normativa che sovrintende all’impiego di questo estinguente é la NFPA 2001, l’ISO 14520-10 e la UNI 10877/10. A differenza del l’Halon 1301 che interveniva sull’incendio per via chimica, l’estinguente HFC-23 estingue il fuoco riducendo la temperatura della fiamma al di sotto del livello necessario per mantenere la combustione, in quanto riduce la concentrazione dell’ossigeno, ed incrementando la capacitá termica dell’aria.

Il principio di funzionamento del gas HFC-23 é quello della saturazione dell’ambiente (total flooding); questo sistema di funzionamento ha il grande vantaggio di non dover preoccuparsi dell’ubicazione dei materiali a rischio, né della loro conformazione perché, crea condizioni omogenee in tutto l’ambiente. Per effetto dei modi discendenti delle miscele di aria – agente estinguente é determinante indicare l’altezza massima alla quale si possono trovare i materiali combustibili oggetto della protezione.

Altro parametro essenziale è la valutazione del volume effettivo da proteggere, determinante per definire la quantità di gas da impiegare. Le caratteristiche dell’ambiente da proteggere sono infatti fondamentali per una corretta progettazione dell’impianto, tanto che la normativa NFPA prevede espressamente il test di tenuta denominato Door Fan Integrity Test (collegamento link). La chiusura di tutte le aperture tramite serramenti automatici e soprattutto l’arresto immediato dei sistemi di ventilazione sono fondamentali per l’efficacia del sistema.

In particolari ambienti di dimensioni contenute dove sono presenti numerose aperture piú o meno sigillate, da dove puó uscire rapidamente il gas estinguente, é frequente l’utilizzo di sistemi a doppia scarica. Dopo la prima scarica, segue una scarica aggiuntiva di “mantenimento” che aggiunge il gas che viene perso attraverso le aperture in modo da mantenere la concentrazione sui parametri richiesti per lo spegnimento.

Per quanto riguarda i limiti di concentrazione ed esposizione delle persone al gas estinguente HFC-23 si applica quanto stabilito negli Stati Uniti dall’EPA (Environmental Protection Agency) e dal Protocollo di Reinhardt.

Per una valutazione della compatibilitá del gas HFC-23 con l’ambiente bisogna considerare l’interazione che il gas determina al contatto con la fiamma ed i conseguenti prodotti della decomposizione chimica. Il gas HFC-23 infatti al contatto con la fiamma ed il calore produce acido fluoridrico (HF) in quantitá variabili a secondo i parametri utilizzati per l’applicazione ed é pertanto consigliato l’adozione di autorespiratori per l’intervento in ambienti cosí protetti.

Questo estinguente é adatto alla protezione di ambienti a rischio di incendio di classe A contenenti materiali combustibili come legno, carta, materie plastiche, etc. Tipiche installazioni sono quelle a protezione di centri di elaborazione elettronica e di telecomunicazione e di apparecchiature o oggetti di valore elevato in musei o archivi.

In sintesi, l’impianto di estinzione a gas HFC-23 é costituito da uno stoccaggio (serbatoi) sotto pressione, collegato tramite valvole ad un sistema di tubi che lo portano a destinazione (collettore e tubazioni di distribuzione). All’estremità di detti tubi vi sono degli ugelli attraverso i quali il gas si scarica sul vano o oggetto da proteggere.

I sistemi di spegnimento a pioggia, conosciuti come sistemi sprinkler (di cui il quadro normativo è dato dalla UNI EN 12845:2020), sono i sistemi piú diffusi al mondo per la protezione incendi di attività civili ed industriali. Il sistema sprinkler é costituito da una rete di tubazioni costantemente in pressione di acqua (sistemi a umido) o di aria (sistemi a secco) alle quali sono collegate le testine sprinkler chiuse dagli elementi sensibili al calore che li contraddistinguono. La rete di tubazione è collegata ad una sorgente idrica avente funzione di garantire l’alimentazione di acqua agli sprinkler, con caratteristiche di portata, pressione e durata predeterminate. La caratteristica base del sistema sprinkler sta nel suo funzionamento completamente automatico, che richiede quindi un’alimentazione idrica automatica.

Il sistema sprinkler basa il suo successo sulla semplicità del suo funzionamento, la testina sprinkler infatti riunisce in un unico elemento, la funzione di rivelazione dell’incendio e di inizio dell’intervento di contrasto.

I primi esempi di impianti sprinkler (da sprinkle che vuol dire goccia) risalgono ai primi anni del secolo XIX. Nel 1878 il Sig. Grinnell costruiva il suo primo moderno sprinkler, cosiddetto sprinkler Grinnell , dando praticamente forma allo sprinkler così come lo conosciamo.

Con lo sviluppo della tecnologia sprinkler inizia quasi simultaneamente la predisposizione di norme tecniche. Lo standard NFPA 13 é del 1896. Gli standard europei dell’inglese FOC, del VdS tedesco e per l’Italia del Concordato Italiano incendi, sono degli anni ’50 e ’60 e sono tutti di origine assicurativa.

Il sistema sprinkler basa il suo funzionamento sull’elemento costitutivo essenziale che è appunto la testina sprinkler. I meccanismi di rivelazione consolidati sono di due tipi:

  • Testina Sprinkler a fusibile.
  • Testina Sprinkler a bulbo;

Il primo, lo sprinkler a fusibile, è basato sulla fusione di una lega eutettica appositamente calibrata per avere una certa temperatura di attivazione. Il secondo, lo sprinkler a bulbo, è basato sulla dilatazione di un liquido in funzione della temperatura fino al raggiungimento di un volume tale da rompere un bulbo di vetro quarzoide che, una volta rotto, consente l’apertura dell’erogatore, questo sistema si é rivelato il migliore ed economico.

Tutte le testine sprinkler sono tarate in modo analogo con temperature di attivazione ordinarie (57 C°) , intermedie e alte (343 C°). La taratura delle testine sprinkler é una delle caratteristiche fondamentali nella definizione di una protezione, in quanto e correlata all’ambiente, al tipo di rischio, all’edificio e agli elementi del soffitto.

Altro elemento importante di differenziazione é la forma del deflettore, ormai consolidata nelle forme di testine da montare verso l’alto (upright), verso il basso (pendent) e convenzionale.

A parte le due tipologie di elemento sensibile e la forma del deflettore, la testina sprinkler é rimasta invariata per quasi un secolo quando nel 1980 una serie di studi hanno permesso di sviluppare testine intervenendo su parametri quali la forma del getto, la dimensione delle gocce e il tempo di risposta.

Nascono cosí delle testine sprinkler specifiche per l’ambiente da proteggere ed il tipo di rischio:

  • Testine sprinkler RTI a risposta veloce Quick Response;
  • Testine sprinkler Large Drop;
  • Testine sprinkler ESFR;
  • Testine sprinkler Residential;
  • Testine sprinkler Sidewall;
  • Testine sprinkler Recesed;
  • Testine sprinkler Conceleaded.

Altro importante elemento è la riserva idrica del sistema sprinkler. Nelle normative Europee il valore della durata dell’alimentazione idrica é fissato in modo univoco e rigoroso relativamente alle classi di riferimento; nelle normative americane é concessa una certa discrezionalitá.

Gli impianti di spegnimento a Gas Inerte sono da considerarsi dei sistemi a clean agent; la normativa che sovrintende all’impiego di questo estinguente é la NFPA 2001, la ISO 14520-14, l’UL 2127 e la UNI EN 15004-1:2019. A differenza dell’Halon 1301 che interveniva sull’incendio per via chimica, l’estinguente inerte estingue il fuoco riducendo la temperatura della fiamma al di sotto del livello necessario per mantenere la combustione, in quanto riduce la concentrazione dell’ossigeno e incrementa la capacità termica dell’aria.

L’estinguente Inerte utilizza gas normalmente presenti in atmosfera, l’ARGON (Ar) e l’AZOTO (N²) nella miscela, i due gas sono chimicamente inerti, incolore e non corrosivi. Inoltre non formando prodotti di decomposizione termica a contatto con le fiamme sono esenti da problematiche di compatibilità ambientale.

Il principio di funzionamento del gas INERTE (IG 55) é quello della saturazione dell’ambiente (total flooding); questo sistema di funzionamento ha il grande vantaggio di non dover preoccuparsi dell’ubicazione dei materiali a rischio, né della loro conformazione perché, crea condizioni omogenee in tutto l’ambiente. Per effetto dei modi discendenti delle miscele di aria – agente estinguente é determinante indicare l’altezza massima alla quale si possono trovare i materiali combustibili oggetto della protezione.

Altro parametro essenziale é la valutazione del volume effettivo da proteggere, determinante per definire la quantità di gas da impiegare. Le caratteristiche dell’ambiente da proteggere sono infatti fondamentali per una corretta progettazione dell’impianto, tanto che la normativa NFPA prevede espressamente il test di tenuta denominato Door Fan Integrity Test (collegamento link), la chiusura di tutte le aperture tramite serramenti automatici e soprattutto l’arresto immediato dei sistemi di ventilazione sono fondamentali per l’efficacia del sistema.

In particolari ambienti di dimensioni contenute dove sono presenti numerose aperture piú o meno sigillate, da dove puó uscire rapidamente il gas estinguente, è frequente l’utilizzo di sistemi a doppia scarica. Dopo la prima scarica, segue una scarica aggiuntiva di “mantenimento” che aggiunge il gas che viene perso attraverso le aperture in modo da mantenere la concentrazione sui parametri richiesti per lo spegnimento.

Per quanto riguarda i limiti di concentrazione ed esposizione delle persone al gas estinguente INERTE si applica quanto stabilito negli Stati Uniti dall’EPA (Environmental Protection Agency) e dal Protocollo di Reinhardt I parametri determinanti sono:

NOAEL-NO Observable Adverse Effect Level (massimo valore di esposizione all’agente estinguente ovvero concentrazione, a cui non vengono riscontrati effetti collaterali;

LOAEL-Lowest Observable Adverse Effect Level (minimo valore di esposizione all’agente estinguente ovvero concentrazione, a cui vengono riscontrati effetti collaterali

Pertanto é chiaro che nel caso di aree normalmente occupate da personale, non si puó ridurre la concentrazione di ossigeno a un valore inferiore a del 12% se si vuole permettere la presenza umana all’interno del locale interessato dalla scarica estinguente per 5 minuti.

In sintesi l’impianto di estinzione a gas INERTE è costituito da uno stoccaggio (serbatoi) sotto pressione collegato tramite valvole ad un sistema di tubi che lo portano a destinazione (collettore e tubazioni di distribuzione). All’estremità di detti tubi vi sono degli ugelli attraverso i quali il gas si scarica sul vano o oggetto da proteggere.

I sistemi di spegnimento a Schiuma a Bassa, Media e Alta Espansione, normati dalla UNI 13565-2:2018, dalla UNI 1568:2018 e dalla NFPA 11A, operano con la logica degli impianti a diluvio con la differenza che essi erogano una miscela schiumogena attraverso appositi dispositivi di formazione di schiuma atti a produrre una coltre di schiuma compatta ed estesa per coprire la superficie dell’eventuale area in fiamme. Gli impianti sono costituiti da un sistema di controllo, realizzato tramite una valvola diluvio, un dispositivo di comando automatico, basato su rivelatori d’incendio od anche di tipo manuale, ed un sistema di miscelazione, atto a creare la miscela acqua – liquido schiumogeno necessaria.
Le applicazioni principali riguardano l’industria di processo con uso di prodotti infiammabili come la protezione dei bacini di contenimento dei parchi di serbatoi. Il sistema a schiuma infatti può essere impiegato per coprire la superficie del bacino in pochi minuti e realizzare sia l’azione di estinzione, sia una notevole azione di inertizzazione in caso di spandimento di liquidi infiammabili a rischi incendio.
Nei dispositivi di miscelazione (“miscelatori”) avviene la preparazione della miscela schiumogena, la preparazione della miscela avviene in genere in tre modi:

  • per aspirazione dello schiumogeno, con iniettori;
  • per iniezione dello schiumogeno, con pompe;
  • per spostamento di liquido, con serbatoi a membrana.

Sono poi presenti varie tipologie di impianti di spegnimento a schiuma, tra cui i più diffusi sono:

  • a miscelazione per aspirazione (eiettori “miscelatori di linea”)
  • a miscelazione per spostamento di liquido (particolare variante dei sistemi ad aspirazione)
  • generatori di schiuma a bassa espansione
  • serbatoi a tetto fisso (sistema con applicazione dall’alto – sistema con applicazione dal fondo mediante una manichetta flottante all’interno del serbatoio – sistema con applicazione dal fondo attraverso le linee del prodotto o alte linee appositamente predisposte)
  • generatori di schiuma a media e alta pressione (del tipo aspirante o del tipo ad insufflazione d’aria forzata a saturazione totale o ad applicazione locale);
  • motori fissi (cannoni monitori fissi a schiuma e quelli bivalenti acqua – schiuma)

I sistemi di spegnimento a Polvere, dei quali la normativa di riferimento è la UNI EN 12416-2:2007,  sono costituiti da una riserva di polvere chimica, del tutto simile a quella che viene utilizzata negli estintori d’incendio. La polvere agisce principalmente bloccando la catena di reazione della fiamma, ma all’estinzione contribuisce anche il gas inerte che accompagna la polvere, perché riduce la concentrazione dell’ossigeno nella zona di reazione.

Le applicazioni principali sono, a livello di infiammabili e combustibili di classe B. Tipica la protezione in ambienti che trattano combustibili liquidi, specie se caldi, e dove una protezione localizzata a CO2 rappresenterebbe uno shock termico eccessivo.
Per i metalli combustibili i sistemi di spegnimento a polvere risultano l’unica soluzione applicabile. Altro esempio di applicazione particolare di questi impianti sono per la protezione delle grosse friggitrici impiegate nelle cucine industriali, delle navi e delle piattaforme petrolifere.
In via generale poiché l’azione estinguente della polvere non è permanente, ma è limitata al momento dell’erogazione, gli impianti a polvere sono idonei per proteggere da quegli incendi che possono essere spenti immediatamente.

Gli impianti di spegnimento a polvere si possono distinguere in sistemi a scarica diretta, nei quali in pratica il serbatoio di contenimento è direttamente collegato alla rete di tubazioni ove basta la semplice pressurizzazione dello stesso per causarne la fuoriuscita, e sistemi a polvere a smistamento dove il serbatoio è collegato ad un collettore dal quale si dipartono varie linee di alimentazione a sistemi diversi che quindi operano col criterio delle valvole di smistamento.

Il sistema puó essere azionato da un apposito sistema di rivelazione d’incendio o attuato manualmente in caso di bisogno. Il rapido abbattimento delle fiamme che si ottiene con la polvere, la sua mancanza di tossicità e la non conducibilità elettrica hanno favorito l’impiego di questi sistemi in installazioni industriali e negli automezzi antincendio. Una seconda suddivisione degli impianti a polvere chimica é quella tra impianti a saturazione totale e impianti ad applicazione locale.

I sistemi di spegnimento ad aerosol per l’estinzione degli incendi, normati dalla UNI EN 15276-1:2019, utilizzano una sospensione fine di particelle aventi la consistenza di una sottilissima polvere che, in genere, è formata da nitrato di potassio. Questi sistemi utilizzano infatti, per ottenere l’obbiettivo di estinguere l’incendio, un meccanismo principalmente di inibizione chimica della combustione oltre a quella fisica.

Il sistema di generazione della polvere é garantito da generatori di aerosol, generalmente contenitori di acciaio di varia grammatura. Attraverso un processo di combustione interna innescato da un dispositivo di accensione e di successivo raffreddamento garantito dal magnesio, che a causa delle temperature elevate (120°/130°) reagisce trasformandosi in ossido di magnesio e liberando così H2O, erogano nell’ambiente da proteggere la sospensione con una certa forza di espulsione che ne favorisce inoltre la dispersione.

Il composto che forma l’aerosol è classificato tra le sostanze pericolose “Classe 4.1” con il Codice di Classificazione dei Materiali Pericolosi delle Nazioni Unite (ADR).

I sistemi sono principalmente di due tipi, il primo ad applicazione localizzata, che posizionano i generatori in punti particolari in modo che l’erogazione interessi uno specifico possibile focolaio d’incendio, il secondo a saturazione totale, nei quali i generatori sono posizionati in modo omogeneo in tutto il volume da proteggere, allo scopo appunto di saturare tutto il volume stesso con l’aerosol.

Attualmente i tipi di aerosol più conosciuti sono i condensed, nei quali l’aerosol è generato dalla combustione controllata del potassio in un apposito contenitore, altri come i dispersed utilizzano aerosol già formati, che vengono portati nell’ambiente da proteggere tramite un gas vettore.

Sono validi per il controllo di incendi sia di classe A sia di classe B in spazi confinati e di piccole dimensioni. Una limitazione evidente al loro utilizzo viene attualmente dalla mancanza di una normativa tecnica riconosciuta ed alle incertezze che esistono relativamente alla tossicità potenziale dei prodotti aerosol e alle concentrazioni utilizzate per l’estinzione.
Le normative in fase di studio limitano al momento l’uso esclusivamente ad aree non occupate.

Il principio di funzionamento degli impianti di spegnimento a diluvio ad acqua, normati dalla UNI CEN/TS 14816, è quello di una applicazione simultanea su tutto l’ambiente protetto con l’obbiettivo principale di raffreddare le strutture e le apparecchiature interessate dall’incendio nelle vicinanze, o mantenere uno stato di controllo sull’incendio, in attesa dell’intervento dei V.V.F.

L’impianto di spegnimento a diluvio richiede per il suo funzionamento un gruppo di controllo, attraverso il quale l’acqua, in quantità a pressione dovuta, entra nella rete di tubazioni per essere erogata. Il gruppo di controllo opera come gruppo on-off e può quindi essere solo aperto completamente oppure chiuso.

L’attivazione dell’impianto avviene a mezzo di un sistema di rivelazione d’incendio del tipo elettronico o idraulico a mezzo di testine sprinkler chiuse, in pressione di acqua o aria.

Gli impianti di spegnimento a diluvio ad acqua sono sistemi di raffreddamento da utilizzare all’aperto, su impianti di processo, su serbatoi di combustibile e grandi trasformatori.

Le barriere d’acqua per la creazione di schermature termiche vengono ormai ampiamente utilizzate a protezione di aree adiacenti a impianti petroliferi, nelle stazioni ferroviarie per impedire che il fumo e i gas caldi provenienti da locomotori incendiati possano invadere le vie di uscita e nelle compartimentazione di sottopassi stradali e gallerie ferroviarie. Sono peró soggette alla presenza delle correnti d’aria. Per la realizzazione delle barriere d’acqua vengono principalmente utilizzati ugelli a media velocitá che producono un getto conico di acqua particolarmente suddivisa, idoneo ad ottenere un elevato assorbimento del calore.

Il principio di funzionamento degli impianti di spegnimento Water Mist o Sistemi ad acqua nebulizzata, regolato dalla UNI EN 14972-1:2021 e successivi aggiornamenti nella V. 2024, è quello di una applicazione su tutto l’ambiente protetto, da parte di gocce d’acqua finemente suddivise, nell’ordine delle decine di millimetri.

Il maggiore sviluppo di questo sistema si è avuto in ambito marino ma per la loro efficacia si stanno lentamente sempre più diffondendo in molti altri settori. Le applicazioni in ambito terrestre sono: protezione di sale macchine e turbine con presenza di liquidi infiammabili, protezione di aree residenziali e di ufficio classificabili a livello europeo come aree di rischio ordinario ed alcuni sistemi per lo spegnimento e abbattimento dei fumi da utilizzare per i sottopavimenti delle sale computer di media dimensione.

In questi impianti, l’acqua è così finemente suddivisa da consentire una combinazione di effetti:

  • il raffreddamento;
  • l’inertizzazione;
  • il blocco della trasmissione del calore radiante.

La dimensione delle gocce d’acqua é codificata dalla norma NFPA 750 a seconda delle dimensioni delle gocce utilizzate:

  • Classe I: gocce da 50 um per oltre il 95% delle goccioline totali erogate;
  • Classe II: gocce da 100 a 200 um per oltre il 95% delle goccioline totali erogate;
  • Classe III: gocce da 400 a 1000 um per oltre il 95% delle goccioline totali erogate

periodicità - controlli

FASE

PERIODICITA’

CIRCOSTANZA

Controllo iniziale – Presa in carico
(solo azienda autorizzata)

iniziale

Presa in carico della manutenzione dell’impianto con contestuale censimento dello stato (nuova installazione ovvero prima manutenzione).

Sorveglianza
(interna)

Continua

Secondo piano interno, la persona responsabile dovrà verificarne (visivamente) lo stato e riportare eventuali anomalie riscontrate.

Manutenzione periodica
(solo azienda autorizzata)

   Semestrale       

Controllo periodico e manutenzione dell’impianto e singoli EFC.

Manutenzione straordinaria
(solo azienda autorizzata)

Occasionale

Secondo esigenza nel caso di lavorazioni extra-ordinarie, riparazioni etc

Ri-collaudo serbatoi alta pressione ed eventuali verifiche/lavorazioni/sostituzioni su raccordi, linee e parti dell’impianto.

Ogni 10 anni

Secondo normativa di riferimento, in base all’agente estinguente e tipologia d’impianto. Intervento da effettuarsi sui serbatoi così come sulle linee dell’impianto.

Anche prima dell’introduzione del D.M. 1/09/2021, tutti i tecnici Sames sono sempre stati formati internamente (con un’esperienza sul campo dell’azienda che va oltre i 50 anni di attività) e tramite corsi di aggiornamento e rilascio di certificazioni dei migliori enti terzi presenti sul mercato. Tutto questo per garantire al Client la costante compliance normativa ma anche i più alti standard lavorativi.